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“ L’URLO SILENTE DELLA DIVISIONE ACQUI “
Cefalonia- Luglio 2003 Articolo e foto di FilippoSpadi
L’aereo, un italianissimo ATR, fece un sobbalzo sulla ruota destra, poi atterrò e fece rombare i motori fino a spegnerli. Per chi crede che Cefalonia sia un’isola dimenticata anche dal turismo si sbaglia. Un aeroporto di recente costruzione e dotato di tutti i più moderni sistemi di accoglienza, ci attendeva nel caldo tramonto. L’aria era già diversa, un profumo nuovo, un vento caldo.
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L’isola ci era apparsa dal nulla nel mare, ci aveva fatto vedere quello che è e cioè una vasta formazione calcarea ricoperta da bassa vegetazione ma in prevalenza rocciosa con vaste zone montuose. Qua e là scure zone di terra rossastra fanno da cornice ai colori di questa tavolozza; il blu del mare, il verde, il rosso e la roccia biancastra. Ti stupiscono, mentre attraversi le stradine dell’isola, le gigantesche piante di olivo, grandi come querce, secolari ed immutate; sapienti mani hanno creato muretti, cancelli, hanno lavorato la terra così da fare dell’oliveta un quadro costante in tutta l’isola.
Il sole è potente, diretto, riesci a sentirne la mano pesante sulla testa eppure, all’ombra tutto cambia; la scarsa umidità rende tutto più piacevole.
I Cefalioti sono socievoli e cordiali, un po’ perché sei turista, un po’ per loro indole; ristoranti e taverne sono numerosi, invitanti. Ti senti un po’ come a casa, nell’osteria del paese e mentre sorseggi il vino bianco dell’isola, il Robola, ti vedi portare una moltitudine di piatti locali e greci in genere. L’isola è caratterizzata da alte scogliere, non molte spiagge la circondano; non era comunque per queste ultime che avevo fatto il viaggio ma per saperne di più su quanto accadde nel 1943 ai soldati della Divisione Acqui. In mezzo ad un’edilizia sfrenata, fatta di piccole case di mare realizzate con gusto, troneggia Argostoli, principale città dell’isola. Argostoli si trova nell’ombellico dell’isola, in un punto equidistante da tutte le zone della vicenda. Argostoli oggi è una moderna città di mare con un litorale cittadino ricolmo di taverne e ristoranti, una passeggiata pedonale coinvolgente, tantissimi negozi colorati. Gli italiani sembrano ben accetti, la gente sembra non ricordare che eravamo invasori; taluni pensano che il tempo abbia cancellato gran parte dei ricordi di quel tempo ma io non sono dello stesso parere altrimenti non spiegherei il rinnovo di certi sentimenti quando turisti germanici si aggirano fra le memorie tristi dell’isola. Proprio sulla via pedonale del Litostroto si trova la Chiesa Cattolica, una piccola chiesa che intenerisce l’animo nelle ore della sera, lasciata aperta ai passanti. Padre Severino, un simpatico ed energico apostolo del Signore, è interessatissimo alla vicenda dell’eccidio, tanto da concedere all’Associazione Mediterraneo, di tenere aperta una piccola mostra museo dei cimeli quali testimonianza tangibile della storica vicenda. Un percorso didattico guida i visitatori ad una migliore e razionale comprensione della complessa vicenda dell’Eccidio di Cefalonia, così barbara, così immensa da non poter fare a meno di andare fino in fondo per capire quanto possa diventare cattivo l’animo umano.
Gli amici del museo si rendono disponibili ad accompagnarci sui luoghi della memoria e di raccontarci quei dettagli e quei particolari che contribuiscono a togliere quell’alone di ufficiale e di retorico che, come spesso accade, la mente ed il tempo attribuiscono a certi eventi.
Così, nel giro di alcuni giorni, Padre Severino e la Sig.ra De Paula, ci accompagnano nei luoghi dei misfatti, trasformano i nomi trovati sui libri in case diroccate, pagine di racconto di autorevoli storici in campi coltivati; i giorni si susseguono veloci ed ogni giorno che trascorri nella memoria, ti senti un po’ più italiano. Mangi alla taverna greca sul porto e non puoi fare a meno di paragonare ciò che stai vivendo con ciò che gli altri hanno vissuto nel 1943; a poco a poco tutto si fa più chiaro, più organico e quanto hai letto lega a doppio filo l’immagine fotografata nei tuoi occhi. Procopata, Troianata, Keramies, la casetta rossa e così via diventano lo sfondo delle storie personali che hai letto e che tanto ti sono rimaste nel cuore, la fucilazione degli ufficiali, i tanti soldati trucidati, la batteria di Pampaloni, la devastante ed infame fucilazione di Troianata che al solo pensiero mi rende triste. Poter capire come si possono ammazzare 600 persone come cani e poi finire i superstiti con l’inganno è cosa ben difficile; io ho visto il campo dei pozzi, ho visto le viscere della terra dove i corpi furono ammassati, gettati come spazzatura ma anche come un carico di vergogna insopportabile tanto che ad oggi non vi è ancora chiarezza. La mente vola su Cefalonia, gli occhi rivedono Cefalonia nelle foto d’epoca e sui sentieri della memoria, gli orecchi odono gli spari delle armi tedesche, i tonfi dei corpi gettati dalle scogliere, il naso sente il timo mischiarsi all’odore nauseabondo dei morti insepolti mischiati nella terra rossastra fra loro. La Divisione Acqui venne annientata e il suo urlo silente ci racconta ancora tante cose; imparatele gente, non lasciate che vengano pressate nei libri di storia, non associatele alla retorica ed alla noia, imparatele ed insegnatele. Solo comprendendo gli orrori della guerra si può costruire una cultura della pace.
Museo dell'Eccidio di Cefalonia presso Argostoli
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