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San Casciano in Val di Pesa

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San Casciano in Val di Pesa, Piazza dell'Erbe e via Machiavelli con gli edifci
danneggiati e distrutti dalle mine tedesche e dai bombardamenti alleati.

 

La caduta del fascismo, a San Casciano Val di Pesa, giunse per tutti inaspettata. Il piccolo gruppo di antifascisti avvertiva che stavano maturando grandi avvenimenti, ma nessuno percepiva con precisione cosa stesse accadendo. Quando si seppe la notizia i fascisti scesero in piazza minacciando e spadroneggiando con le pistole alla mano; gli antifascisti erano pochi e il tentativo di dare vita ad una manifestazione fallì. Il 27 mattina, finalmente, si formò un grande corteo che sfilò per le vie cittadine inneggiando all'Italia e alla pace. Al corteo parteciparono anche alcuni fascisti; non mancarono moti di sincera commozione da parte di vecchi patrioti che abbracciarono i soldati presenti mentre si distruggevano i simboli del fascismo. Furono giorni ricchi di emozione; mancava ancora, però, una guida politica, i partiti antifascisti non erano in grado di assumere la direzione del moto popolare, la situazione non era chiara, anzi era preoccupante e minacciosa. Nel palazzo comunale, al posto dell'amministrazione fascista, si insediò un commissario prefettizio, il gen. Achille Dell'Era, badogliano, il quale, con molte cautele e timidezze, ricercò la collaborazione di antifascisti come Primo Calamandrei, democristiano (già sindaco nel 1922, quando i fascisti si impadronirono violentemente del Comune), Corrado Ghiribelli, socialista e Dante Tacci, comunista. La notizia della firma dell'armistizio rese la situazione ancora più complicata: da un lato gruppi di giovani organizzarono gli aiuti per i militari in fuga, dall'altro i fascisti costituirono il fascio repubblichino. La lotta si estese a macchia d'olio; tra Pisignano, Cerbaia e Montagnana si formò la Brigata partigiana, che prese il nome di III Rosselli, nella" quale si arruolarono tanti mezzadri. Insieme, operai, contadini, artigiani, aiutarono la Resistenza, con rifornimenti di viveri, nascondendo nelle proprie case i renitenti alla chiamata del Governo di Salò, proteggendo e nascondendo ebrei.

Ci furono anche scontri tra partigiani e nazifascisti, con morti e feriti, e non mancarono barbare rappresaglie. A Fabbrica, presso la locale fattoria, vennero fucilati Carlo Lotti, Giuliano Lotti, Brunetto Bartalesi, Giuseppe Vermigli e Carlo Viviani (che sopravvisse alla fucilazione). Stessa sorte toccò, in località Le Corti, a Guido e Pasquale Taddei (padre e figlio), a Donato Vermigli e a fra' Ruffino da Castel del Piano (al secolo Angelo Sani), preziosa e audace staffetta partigiana. Inoltre persero la vita Armando Aglietti, Giulio Mazzei, Camillo Sieni, Gino Bini, Angelo Bucciardini e Guido Lapini. Molti furono i parroci che parteciparono attivamente alla Resistenza: basti ricordare Don Ivo Biondi, Don Nello Anichini, Don Tebaldo Pellizzari, Don Lido Cappelli, Don Nello Poggi. Nel capoluogo si era insediato un comando della Wehrmacht; il commissario prefettizio Dell'Era venne sostituito dal fascista Romboli. In quel periodo avvenne l'arresto di un nucleo di ebrei che si erano rifugiati a San Casciano; furono deportati e nessuno di loro ritornò. La popolazione fu difesa dai Comitati di Liberazione Nazionale (C.L.N.) del capoluogo e di Mercatale, anche attraverso la distribuzione di generi alimentari. Gli ultimi giorni prima della liberazione, che avvenne il 27 luglio 1944, il capoluogo fu in parte distrutto dalle mine tedesche e in parte dai bombardamenti degli Alleati. Il primo sindaco, insediato dal Governo Militare Alleato con il consenso del C.L.N., fu il col. Angelo Chiesa, che aveva abbandonato l'esercito l'8 settembre. Quando il colonnello riprese il servizio militare lo sostituì Aldo Giacometti. I compiti che affrontarono questi primi sindaci furono enormi: il 60-70% della popolazione del capoluogo era senza casa, oltre il 60% delle abitazioni era andato distrutto. In seguito alle elezioni amministrative della primavera 1946, Aldo Giacometti, comunista, fu confermato sindaco. Nel 1955, gli subentrò Remo Ciapetti; dal 1970 al 1980 fu sindaco Giancarlo Viccaro e dal 1985 ricopre questo incarico Fabrizio Bandinelli. Nel 1944, anno della Liberazione, il Comune contava circa 12.000 abitanti, oggi supera i 16.000; la crescita è avvenuta nel capoluogo e nei piccoli centri, mentre le campagne si sono spopolate. Solo da poco esse sono tornate a rivivere, grazie soprattutto all'arrivo di stranieri che vi si sono stabiliti, tra nostalgia della proprietà terriera e agriturismo.

Elezioni amministrative (sistema maggioritario), turno del 7 aprile 1946:

Socialcomunisti voti 5827 (68, 7%); DC voti 2659 (31,3%)

Elezione per l'Assemblea Costituente, 2 giugno 1946:

DC voti 2390 (2 7, 6%); PCI voti 3621 (41,9%); PRI voti 36 (0,4%); PSIUP voti 1875 (21, 7%); UDN voti 168 (1,9%); UQ voti 290 (3,4%); Altri voti 270 (3,1%)
Referendum Istituzionale, 2 giugno 1946: Repubblica voti 6249 (74,3%); Monarchia voti 2156 (25, 7%)
 

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