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L’AVANZATA ALLEATA DEL LUGLIO-AGOSTO 1944
di Corso Paolo Boccia
Dopo la liberazione di Roma il 4 giugno 1944, i comandi tedeschi decisero di ritardare l’avanzata alleata attestandosi su linee difensive preordinate secondo un calendario rigidamente stabilito, che prevedeva di abbandonare l’Arno e Firenze l’11 agosto, per attestarsi poi a tempo indefinito lungo la dorsale appenninica. Con l’avvicinarsi del fronte, la presenza militare tedesca in Toscana, prima limitata a pochi e innocui presidi territoriali, si fece massiccia. Lunghe colonne motorizzate e ippotrainate si ritiravano di notte lungo le strade, sostando al coperto durante il giorno per sfuggire agli attacchi aerei alleati. I mezzi diretti a sud per rifornire le truppe al fronte ritornavano carichi di masserizie depredate nella zona del fronte e rivendute o barattate alimentando il mercato nero. Con l’avvicinarsi dei combattimenti la stessa sorte toccò alle case e alle botteghe del Chianti, saccheggiate e vandalizzate dalle truppe in ritirata.
Il Valdarno superiore, che offriva la via di accesso più diretta verso Firenze, era difeso in forze dal LXXVI corpo corazzato germanico. Il compito di ritardare quanto più possibile l’avanzata alleata nel settore più aspro e collinoso del Chianti cadde invece sul I Corpo paracadutisti, veterano di tante battaglie durante la lunga risalita alleata della penisola quasi un anno prima, composto dalla 4ª divisione paracadutisti e dalla 356ª divisione fanteria. Fu proprio lì che il gen. S.C. Kirkman, comandante del XIII corpo britannico inquadrato nella 8^ armata britannica, decise di sferrare l’attacco principale verso Firenze, subentrando ai francesi del corpo di spedizione del gen. Alphonse Juin, ritirati dai combattimenti in Italia in vista dello sbarco in Provenza dopo avere liberato Siena.
Le campagne del Chianti divennero così zona di guerra, campo di battaglia tra alcune delle migliori truppe tedesche in Italia e i veterani delle battaglie africane del XIII corpo britannico, con reparti inglesi, neozelandesi, indiani e sudafricani. Le forze tedesche si attestarono attraverso il Chianti su linee difensive fortificate dai lavoratori coscritti dall’Organizzazione Todt che avevano preparato una rete di capisaldi intervallati da settori coperti dal tiro d’artiglieria, identificando la principale tra tali linee difensive con il nome di “Linea Paula”. Per sfondarle, gli alleati adottarono una tattica basata su ripetuti attacchi locali. Si sfruttava così la propria superiorità di mezzi per risparmiare le truppe, con effetti devastanti sull’avversario e, purtroppo, sul territorio e la popolazione civile.
L’estate del 1944 fu una stagione particolarmente torrida. Fino ad allora, la guerra aveva sostanzialmente risparmiato il territorio toscano, mantenendone quasi intatta la bellezza del tempo di pace. A mezza estate, in Toscana, così il gen. Frido von Senger und Etterlin descriveva il paesaggio, “il verde si fa più scuro; il porpora delle pesche mature e il giallo dorato delle pere si stagliano sui vigneti in frutto e sui campi di grano. Il mais si alza come una giungla, mentre il terreno si fa più secco”. I soldati sul campo, però, avevano raramente l’occasione o lo spirito per apprezzare le bellezze del paesaggio. Un militare neozelandese della 2ª divisione, veterano delle campagne africane, a proposito della Toscana meridionale ebbe a scrivere che in vita sua non aveva mai percorso strade più polverose. Il flusso incessante dei veicoli aveva ridotto la superficie stradale ad una polvere impalpabile che in certi punti era profonda anche 15 centimetri. C’era poco vento, e la polvere sollevata dalle colonne alleate ne indicava ai tedeschi il percorso a chilometri di distanza, anche oltre le colline. Uomini e mezzi sembravano fantasmi, tanto erano uniformemente ricoperti da una polvere simile a gesso. Addirittura, in colonna, i mezzi si trovavano a volte a dover rallentare come in un banco di nebbia, tanta era la polvere sollevata dai veicoli che precedevano.
La battaglia del Chianti si apri con la conquista di Siena, liberata all’alba del 3 luglio dal Corpo di Spedizione francese in Italia, le cui truppe si apprestavano, nel Chianti meridionale, a combattere l’ultima sanguinosa battaglia prima del loro spostamento verso la Provenza nell’ambito dell’operazione Anvil-Dragoon. A nord di Siena, l’avanzata francese rallentò di fronte alla decisa resistenza offerta dalle truppe tedesche della 71ª divisione corazzata e della divisione di fanteria turcomanna. A Poggibonsi, inizialmente occupata il 14 luglio, l’intervento dell’11° reggimento paracadutisti della 4ª divisione costrinse i francesi a ripiegare. La tattica di ritirata tedesca dava i suoi frutti, e per coprire i 26 chilometri tra Siena e Poggibonsi ai gumier alla fine occorsero undici giorni. Quando le truppe coloniali francesi furono infine sostituite il 22 luglio dai neozelandesi della 2ª divisione del gen. Freyberg (che comprendeva la 4ª, 5ª e 6ª brigata, coadiuvate in quella fase anche da alcune unità corazzate indipendenti), si trovavano ancora di poco sopra Castellina in Chianti.
Con la sostituzione in linea delle truppe francesi, si apriva la fase cruciale della battaglia per lo sfondamento a sud di Firenze. Il 23 luglio il feldmaresciallo Albert Kesselring dichiarava Firenze “città aperta”, ordinando di ritirare dall’abitato tutte le forze militari salvo quelle di sicurezza, anche se nei fatti l’ordine fu interpretato piuttosto “elasticamente”. Lo stesso giorno, Kesselring ordinava alla 14 ª armata del gen. Lemelsen di ritardare l’avanzata alleata a sud di Firenze, mentre si completava l’allestimento della linea difensiva “Paula” a sud dell’Arno. A tale scopo, la 4ª divisione paracadutisti doveva presidiare un’altra linea più a sud (la linea “Olga”) perlomeno fino al 25 luglio. Ordine che i paracadutisti eseguirono brillantemente, nonostante gli attacchi in forze dei neozelandesi, ingaggiando combattimenti molto sanguinosi per entrambe le parti. Il territorio del Chianti, con le sue colline ondulate, l’alternarsi di boschi a vitigni e campi coltivati, le sue strade tortuose, i robusti casolari in pietra, sembrava nato apposta per favorire la difesa mobile, affidata alle poche truppe tedesche appoggiate da carri Tigre in funzione di capisaldi corazzati (ruolo di elezione del pesante, ben armato e ben corazzato carro Modello VI), tanto che i neozelandesi lo ribattezzarono “Tiger Country”. Improvvisamente, gli equipaggi degli inferiori carri Sherman divennero, come ammette perfino lo storico ufficiale neozelandese, “più cauti di quanto fossero mai stati prima”, tanto da minare per una volta la tradizionale ottima collaborazione tra fanti e carristi neozelandesi.
Faticosamente, i neozelandesi della 5ª e 6ª brigata, coadiuvati da un’unità provvisoria formata da blindati e fanteria, continuarono comunque la loro avanzata verso Firenze, attraverso la linea “Olga” tra San Casciano e Cerbaia, e giungendo infine alle alture del Pian dei Cerri presso la Romola, dove correva la Linea Paula in quel settore del fronte. San Casciano, cannoneggiato pesantemente e inutilmente bombardato in due occasioni dai cacciabombardieri alleati, fu infine raggiunto dalla fanteria del 22° battaglione la mattina del 26 luglio, che ingaggiò scaramucce casa per casa per eliminare i cecchini nemici. Dagli edifici più alti del paese, si vedeva infine Firenze. Il cammino per il Pian dei Cerri e le difese principali tedesche a sud di Firenze era aperto, e i combattimenti infuriavano. Solo tra 29 e 31 luglio, l’artiglieria divisionale neozelandese consumò più di 100.000 colpi da 25 libbre, tanto da mettere in seria difficoltà il sistema di approvvigionamento del XIII corpo d’armata. Dal canto suo, Lemelsen avvisò i comandi superiori che il I corpo d’armata paracadutisti era ormai impossibilitato a resistere oltre, per esaurimento delle munizioni e l’impossibilità di fare affluire convogli di rifornimenti per mancanza di carburante. Nel settore della dorsale del Chianti, intanto era continuata l’avanzata della 6ª divisione corazzata sudafricana, appoggiata dalla 24ª brigata guardie britannica. Unica formazione corazzata sudafricana dell’epoca, la 6ª si era formata in Nord Africa nel 1942, aveva combattuto con l’8ª armata di Montgomery ed era giunta in Italia nell’aprile 1944. Tra le unità alleate in Italia, nessuna esclusa, era quella più potente in termini di armamento e mezzi corazzati, e contava su un forte complemento di unità non sudafricane di fanteria e di altre armi aggregate. Le sue unità organiche comprendevano la 11ª brigata corazzata sudafricana, equipaggiata principalmente con carri Sherman, la 12ª brigata motorizzata, e, fino al gennaio 1945, la 24ª brigata guardie britannica. L’artiglieria divisionale includeva un reggimento di artiglieria da campagna, un reggimento con obici semoventi “Priest”, un ulteriore reggimento di medi calibri, pezzi anticarro ed artiglieria contraerea. Una nota di colore. Mentre le unità sudafricane utilizzavano sempre la bandiera nazionale del 1927, i Royal Natal Carabineers della 12ª brigata motorizzata, unica eccezione ammessa, erano autorizzati a sventolare a fianco della nuova bandiera anche l’Union Jack, per il forte tradizionale legame della popolazione del Natal alla Corona britannica.
Fin da subito i sudafricani si trovarono in difficoltà di fronte alla sperimentata tattica tedesca di ritirata a scaglioni, trattenendo le forze alleate sulle posizioni occupate il più a lungo possibile per poi sfuggire all’accerchiamento all’ultimo minuto, quando era già approntata la linea di difesa successiva. Dopo la liberazione di Arezzo, l’asse dell’avanzata del XIII corpo si era spostata verso nord ovest, investendo per la prima volta il Chianti. I sudafricani della 6ª divisione corazzata, con l’aiuto delle Guardie Scozzesi e dei Granatieri della Guardia, era riuscita a risalire abbastanza rapidamente sino a quasi a Greve. Dalla vetta del Monte San Michele, il 20 luglio i comandanti sudafricani avevano potuto scorgere per la prima volta Firenze in lontananza.
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Greve in Chianti, un ufficiale alleato osserva, da Panzano, gli effetti del bombardamento su Forte Augustus (così era chiamata, in codice militare, Greve).
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Sulle alture dominanti attorno a Greve (il monte Fili ad ovest ed il monte Domini ad est), era attestata la 356ª divisione tedesca, con l’ordine di resistere ad ogni costo per difendere la Linea Paula. La battaglia per lo sfondamento ad est si aprì con un cannoneggiamento di un’ora sulle linee tedesche. Poi, le Coldstream Guards britanniche, con l’appoggio di un plotone di Sherman del Pretoria Regiment, iniziarono ad avanzare, secondo il resoconto ufficiale sudafricano, con i carri che si arrampicavano “su pendii così ripidi che nessuno Sherman aveva mai superato prima, ne avrebbe dopo”. La sera del 23 luglio la difesa tedesca era spezzata, a caro prezzo. Sull’altro versante della Greve, intanto, i fucilieri del Witwatersrand Rifles, con i carri del Prince Albert’s Guard in appoggio, catturarono monte Fili con un attacco coordinato, da manuale. Greve essendo divenuta indifendibile, i tedeschi si ritirarono il 24 luglio, non prima di avere demolito con meticolosa efficienza quanto poteva ritardare l’avanzata alleata.
Ciò nonostante, il giorno successivo i carristi del Pretoria si affacciavano, con le Coldstream Guards, sulle ultime alture del Chianti che dominavano la strada per Impruneta. Un forte contrattacco tedesco con l’impiego di carri Tigre arrestò temporaneamente l’avanzata sulla linea di Mercatale, ma con la conquista delle alture del Pian dei Cerri da parte dei neozelandesi ad ovest e di Monte Scalari ad est (ad opera dei “Tommies” della 4 ª divisione di fanteria britannica), era chiaro che la Wehrmacht non poteva ancora tenere Impruneta. Nonostante le truppe tedesche avessero già abbandonato il paese, anche Impruneta, come San Casciano, fu tragicamente devastata da un pesante quanto inutile attacco dei cacciabombardieri alleati, ed il 3 agosto le avanguardie sudafricane entravano nella cittadina.
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San Casciano in Val di Pesa, Piazza dell'Erbe e via Machiavelli con gli edifci danneggiati e distrutti dalle mine tedesche e dai bombardamenti alleati.
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La linea Paola ormai aveva ceduto, e la mattina dopo le avanguardie corazzate sudafricane del Pretoria e le Grenadier Guards entravano, prime unità alleate, nei sobborghi sud del capoluogo toscano, precedendo di poco i “Kiwis”. La battaglia per Firenze era iniziata. Grazie alla resistenza delle truppe sul campo, Kesselring però era riuscito a rispettare il calendario della ritirata verso l’Appennino, con la conseguenza di un altro lungo e doloroso inverno di guerra per i soldati di entrambi gli schieramenti e per la popolazione italiana. Con la liberazione del Chianti le famiglie sfollate o rifugiate nel folto della boscaglia rientrarono alle case prima abbandonate, trovando a volte solo macerie: nel Chianti andò completamente o gravemente danneggiato circa il 30% dei vani, un altro 30% fu danneggiato in modo lieve. Accanto alle distruzioni materiali, stavano le tracce indelebili delle violenze subite e delle perdite in vite umane. Nel solo territorio di Greve, ventinove persone erano state fucilate per insensata rappresaglia. Tra i partigiani ci fu una ventina di caduti, mentre gli ordigni bellici provocarono un centinaio tra morti e feriti nella popolazione civile. Ancora per diversi anni i contadini e gli addetti alle operazioni di bonifica dovettero fare i conti con le quasi 1800 mine stese dai tedeschi tra i primi di giugno e la fine di luglio.
Il peggio comunque era passato, per le popolazioni locali, e si poteva ricominciare a guardare al futuro. Per intanto, mentre ancora si contavano i morti e le distruzioni subite, l’Ente Italiano Audizioni radiofoniche (l’antenato della RAI) decise che era venuto il momento di multare retroattivamente tutti coloro che nei mesi precedenti non avevano pagato il canone radiofonico. La vita quotidiana riprendeva lentamente il suo corso.
Fonti
- Baldini Carlo, La seconda guerra mondiale da Greve in Chianti a Firenze, Firenze, 1993
- Biscarini Claudio, 1944 i francesi e la liberazione di Siena. Storia e immagini delle operazioni militari, Siena 1991
- Brooks Thomas R., The War North of Rome, June 1944-May 1945, New York, 1996
- Gaujac Paul, L’Armée de la Victoire, vol. 2, Parigi, 1985
- Kay Robin Langford, From Cassino to Trieste, Wellington, 1967
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