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La solita vita sotto le bombe

 

di Francesca D’Anna

(fonte: La Gazzetta della Spezia & Provincia – numero 100, 22 febbraio 2008)

“Combattenti di terra, di mare e dell’aria. [...] Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania. Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia”.

Quando, il 10 giugno del 1940, Benito Mussolini si affacciò al balcone di Palazzo Venezia pronunciando queste parole, la vita degli italiani cambiò in maniera radicale. Anche chi esultava nella gremitissima piazza romana o in qualsiasi altra parte d’Italia davanti alle radio che trasmettevano il giornale dell’Eiar, più tardi avrebbe toccato con mano gli effetti devastanti del conflitto. Alla Spezia gli altoparlanti posti sul palazzo degli studi diffusero la notizia tra la folla festante ai margini della quale stava un uomo, piccolo, bruttino, con il volto preoccupato: “Non ci rendiamo conto di quello che ci aspetta”, disse. Era Antonio de Curtis, principe di Bisanzio, in arte Totò: colui che faceva ridere il Paese era l’unico fra tutta quella gente in delirio ad aver compreso la gravità della situazione. Dopo soli sei giorni sarebbe stato vietato l’ascolto delle radio straniere, in particolare di radio Londra. Così, un gesto naturale come ascoltare l’accenno alle note austere del primo movimento della sinfonia numero 5 di Beethoven, sigla del notiziario della radio Britannica, avrebbe rappresentato la prima frontiera dell’operare in clandestinità. La guerra in città era vissuta in maniera “ovattata”, pareva aver portato via solo le piccole abitudini come gustare una tazza di caffè o mangiare quello che si voleva. La propaganda dell’epoca, per far accettare alcune privazioni era arrivata a sostenere che il sapore dei gambi delle melanzane dorati e fritti fosse “identico” a quello dei funghi porcini. Più pesante fu l’oscuramento: appena scendeva la sera non si poteva usare la luce per non venire individuati dagli aerei nemici. Così le finestre rimanevano serrate e dalle tende non poteva filtrare neanche la debole fiammella di una candela, e le pene erano severe. La vita andava, comunque avanti, tanto che alla Spezia arrivò anche il circo Togni. Una debole scossa a questa tranquillità arrivò il 29 settembre del 1941 con il primo bombardamento della città che non mutò, di fatto, il fluire del quotidiano. Nel 1942, come un manto rassicurante, scese la neve che donò un sorriso non solo ai bambini. Tutti guardavano i delicati fiocchi bianchi che volteggiando toccavano il suolo e lo ricoprivano di una coltre candida.

Dopo poco più di un anno quell’immagine idilliaca venne sostituita da un atroce quadro di morte e distruzione. Il 14 aprile del ‘43, in una splendida notte di luna, gli inglesi sorvolarono la città con 200 quadrimotori e sganciarono 493 tonnellate di bombe, una quantità enorme per una città come la nostra. L’attacco si ripeté nella notte tra il 18 e il 19 aprile. 178 aerei alleati seminarono il terrore. Spezia era nel mirino del “nemico”. Fu solo l’inizio. L’ululato della sirena prese a squarciare sempre più spesso la quiete della notte, nei rifugi antiaerei si udivano bestemmie e preghiere accorate, il pianto dei bimbi e la rabbia dei grandi: com’era alto il costo di quella guerra!

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La Spezia - Via del Prione

Tutta la città era riunita nei cunicoli bui attendendo che il rombo dei bombardieri si allontanasse. Nei mesi che precedettero l’8 settembre del ‘43, dunque, la vita nella nostra città era diventata durissima, specialmente per chi lavorava in arsenale. Era come stare in prigione. Nelle officine si era sorvegliati a vista dai tedeschi. “Esisteva un movimento antifascista anche se eravamo in ambiente militare - ci racconta Bruno Brizzi, presidente della sezione spezzina dell’associazione nazionale partigiani - ed eravamo sotto stretto controllo.

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La Spezia - Viale Garibaldi

Avevo 17 anni ed ero solo un allievo operaio quando notai un comportamento sospetto del mio maestro: si appartava con alcune persone, il suo stipetto si apriva e chiudeva, c’erano oggetti che passavano di mano in mano in maniera segreta. Scoprii più tardi che si trattava del Soccorso Rosso, che reclutava forze dell’antifascismo e raccoglieva fondi per aiutare l’organizzazione. Così entrai nel movimento. Il rischio era altissimo, mentre lavoravamo notte e giorno nell’officina sommergibili avevamo il fiato dei soldati tedeschi sul collo che temevano il sabotaggio delle attrezzature”.

Poi venne l’8 settembre, la flotta partì lasciando il golfo semideserto e in mano ai tedeschi. E mentre il Roma iniziava il suo viaggio negli abissi del mare e sui monti si cominciava a lottare per la libertà, da sud presero ad arrivare le voci degli americani.
“Ma quelli se la prendono un po’ troppo comoda”, mugugnavano gli spezzini. Venne finalmente aprile, prima un durissimo e poi un radioso aprile che apriva il cuore alla speranza di un mondo migliore. La guerra era finita, e il futuro era tutto da costruire.

 

Quegli strani Americani

I nippo-americani del 100th Infantry Battalion

I soldati statunitensi che combatterono nelle zone intorno alla Spezia avevano caratteristiche particolari: molti di loro avevano gli occhi a mandorla, altri avevano la pelle nera. Nella zona di Aulla, fino a Fosdinovo si fece onore il 100° battaglione dei Nisei, i soldati nippoamericani.

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Soldati del 100th Infantry durante l’addestramento sull’uso delle granate - 1943 Author U.S. Army Photo
100th Infantry soldiers receiving training in the use of grenades - 1943 Author U.S. Army Photo

Il 2 giugno del 1944 il 442nd arrivò a Napoli e si spinse fino fino alle spiagge di Anzio. Il 15 di giugno il 100th Battalion ed il 442nd furono riuniti in una singola unità. Il 100th battalion diventò il primo battaglione del 442nd perchè l’originale primo battaglione del 442nd fu usato come rimpiazzo per il 100th. Entrambi furono inseriti nel 133rd Regiment nella 34th Division. Dopo i duri combattimenti a Belvedere, Luciana e Livorno rientro nelle retrovie e fu presentato per una “Presidential Unit Citation”. Dopo i combattimenti per il superamento dell’Arno nell’agosto del 1944 il 442nd fu spostato in Francia nella zona dei Vosgi.

92ma divisione Buffalo - I soldati di colore

Sulla costa arrivarono il 370° e il 473° reggimento della 92ma Divisione Buffalo. Era .formata interamente da soldati di colore, gli ufficiali superiori erano solo bianchi.

La 92nd Infantry Divsion era una delle due Divisioni della Seconda Guerra Mondiale formata esclusivamente da soldati di colore. Questa Divisione arrivò in Italia nell’estate del 1944 con il 370th Regiment ed entrò in azione il 24 agosto. La Divisone fu rinforzata dal 442nd e il 473rd Regimental Combat Team. Nell’offensiva di primavera entrarono a La Spezia e Genova il 27 aprile del 1945, liberando poi altre città della costa ligure.

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I componenti di una compagnia mortai della 92nd Division si passano le munizioni durante una azione nei dintorni di Massa. Questa Compagnia è accreditata della distruzione di numerosi nidi di mitragliatrici.
ca. November 1944. Acme. 208-AA-47U-6.

 

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