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In sua memoria, Mi chiamo Gloria de Lama Sciole, e sono l’unica figlia di Ricardo de Lama, caduto vicino a Livergnano, in provincia di Bologna, il 23 novembre 1944, tre soli giorni dopo il mio secondo compleanno. Mio padre serviva nella 34ª divisione dell’US Army, conosciuta come “Red Bulls”, ed era in forza alla compagnia G del 133° Reggimento fanteria. Di recente, ho visitato l’Italia per la terza volta in undici anni. Questa visita, nel novembre 2006, ha coinciso con l’anniversario della morte di mio padre nella zona di La Guarda, vicino a Livergnano. Prima di partire dagli Stati Uniti, ho chiesto a dei veterani di guerra di mettermi in contatto con qualcuno in Italia che mi potesse permettere di visitare la zona di Livergnano. Con mia piena sorpresa e gratitudine, ho avuto la fortuna di corrispondere con Filippo Spadi, un giovane appassionato della Seconda guerra mondiale, che a sua volta mi ha messo in contatto con Corso Paolo Boccia., già storico e interessato anch’egli a quegli eventi. Questa era la terza visita che facevo nella zona di Livergnano, ma fu la prima a rivelarsi così personale e approfondita da rendermi completamente edotta degli eventi della campagna invernale Appenninica del 1944 a sud di Bologna. Alla fine della mia permanenza in Italia, Corso mi ha chiesto di raccontare la mia storia di persona cresciuta senza un padre, e di condividere quello che sapevo della sua carriera militare. Anche se proverò a fare entrambe le cose, trovo molto difficile scrivere della mia esperienza, dato che mi sembra poca cosa rispetto a quanto patito dall’Europa in tempo di guerra. Sono solo una dei tanti che sono cresciuti senza potere abbracciare un padre o sentirne la voce. Altri, che come me hanno perso un genitore in guerra, sanno che la nostra generazione, cresciuta negli anni Quaranta è stata chiamata “la generazione silenziosa”. Gli uomini che erano stati abbastanza fortunati da tornare a casa dalla guerra non amavano parlarne, le vedove piangevano in silenzio e noi bambini crescevamo tenendoci sostanzialmente per noi il dolore della nostra perdita, per non aggiungere sofferenza ulteriore a quella che le nostre madri già sopportavano. Io sono stata abbastanza fortunata da serbare il ricordo di quando mia madre parlava rapita dei suoi tre anni di matrimonio con mio padre e del loro amore per il ballo. Quanto alle storie di guerra, sapevo solo che prima di morire mio padre era già stato ferito altre due volte, la prima nel giugno 1944 e poi di nuovo a settembre. Sono cresciuta sentendomi sempre diversa dagli altri bambini che avevano una famiglia intera, con madre e padre. Mia madre non fu mai veramente interessata a trovare chi prendesse il posto di mio padre e quasi subito andammo a vivere con i nonni, i quali furono davvero capaci di darmi una stabilità. Come tutti i bambini con un solo genitore, avevo paura che anche mia madre mi avrebbe lasciato. Dopo che le ebbero diagnosticato una malattia terminale quando ero ancora un’adolescente, mia madre morì infine quando avevo ventidue anni. Ecco alcune foto di mia madre e mio padre e l’ultima mia foto con mio padre, quando stava per partire per la guerra.
Giovane moglie e madre, nel 1971 scrissi al Ministero della difesa americano chiedendo di conoscere il luogo della morte di mio padre. Fu allora che seppi per la prima volta di Livergnano. Tuttavia, gli anni passarono mentre mi occupavo di crescere tre figli, fino a che a metà degli anni Ottanta una mia cugina sposò un appassionato di storia della Seconda guerra mondiale. Il suo interesse portò alla luce nuovi dettagli su mio padre, inclusa la sua compagnia di fanteria, e mi regalò un libro dove potere seguire il cammino di mio padre durante la guerra. Comunque, fu solo nel 1995, quando mia figlia studiava a Firenze per un semestre all’università, che ebbi l’opportunità di visitare l’Italia. Mi ricordo di come prendemmo il treno per Pianoro per potere andare a Livergnano. Le nostre speranze si mutarono presto in disperazione quando ci ritrovammo alla stazione senza neanche un taxi a disposizione. Dissi a mia figlia che sarebbe stato meglio tornare a Firenze, perché anche se avessimo trovato un tassista, certo non sarebbe stato in grado di raccontarci quelle storie di guerra che tanto volevamo conoscere. Mia figlia, sempre ottimista, insisté che avevamo fatto troppa strada per tornarcene così presto a Firenze. Le dissi che ci sarebbe voluto un miracolo per trovare qualcuno che sapesse tutto sulla guerra. Beh, il miracolo avvenne! Un anziano e distinto signore ci affiancò mentre percorrevamo le strade e benché la sua macchina non avesse scritto “Taxi”, ci disse che faceva anche il tassista a mezzo servizio. Sentita la nostra situazione, fu così gentile da passare con noi due ore raccontando in italiano tutto sulla guerra a mia figlia, che parlava la lingua. Ho visto allora Livergnano per la prima volta, con le sue meravigliose verdi montagne. Ero così sopraffatta dall’emozione che nonostante l’orrore della guerra trovai bellissima quella zona d’Italia. Al ritorno alla stazione ferroviaria di Pianoro, scattammo molte fotografie. Quando chiesi al signore la sua età, rispose che era nato nel 1913. Ricorderò per sempre quel giorno come un “miracolo”, perché anche mio padre era nato nel 1913. Aggiungo queste foto meravigliose perché anche voi le possiate vedere. Sebbene gli abbia chiesto il nome, il non averlo annotato per poterlo ringraziare in modo formale per tutto ciò che aveva fatto per noi quel giorno resta uno dei miei più grandi rimpianti.
Al ritorno negli Stati Uniti, decisi di diventare membro dell’Associazione di veterani della 34ª divisione, quella di mio padre. I veterani programmarono una visita in Italia per visitare tutte le loro zone di guerra, e sebbene nessuno si ricordasse di mio padre, mi dettero il benvenuto come una di loro. Mio figlio organizzò il viaggio in Italia per entrambi, per visitare tutti i luoghi di guerra, ed il viaggio ebbe luogo nel maggio e giugno del 2000. Dato che mio padre era stato ucciso a Livergnano, i veterani fecero in modo che il nostro autobus vi si fermasse, a mio beneficio. Fu allora che incontrai il conservatore del Museo di Livergnano, che possiede una collezione di reperti bellici. Il museo mi era sconosciuto, ed ebbi l’onore di incontrare Umberto Magnani e sua figlia, Patrizia, che mi regalarono un certificato relativo alla guerra a Livergnano. Ancora una volta, mi sentii umile di fronte all’ospitalità della gente del luogo verso i veterani. Ecco alcune foto dell’occasione.
Durante il viaggio in Italia del 2000, ho avuto l’occasione di firmare il libro degli ospiti al cimitero americano di Nettuno, in occasione del “Memorial Day”, il giorno del ricordo dei caduti che negli Stati Uniti si celebra l’ultimo lunedì di maggio di ogni anno. Al ritorno negli Stati Uniti, una signora mi contattò dicendomi che aveva visto il mio nome ed indirizzo sul libro degli ospiti del cimitero, e mi mise al corrente di un’organizzazione di orfani di guerra. Fu così che infine potei incontrare per la prima volta tanti altri orfani di guerra, anch’essi persone che avevano perso il padre durante la seconda guerra mondiale. L’organizzazione è nota come AWON, ovvero la rete degli orfani di guerra americani. Sorprendentemente, tutti noi siamo cresciuti in silenzio, senza sapere un gran ché delle vicende belliche dei nostri padri, ed è stato solo negli anni Novanta che molti di noi, dopo avere messo su famiglia, hanno cominciato a cercare risposta alle tante domande sugli ultimi giorni dei nostri padri, trovando infine altri come noi, che comprendevano la nostra perdita. Come gruppo, abbiamo imparato come recuperare dagli enti governativi ulteriori fatti sugli ultimi giorni di guerra dei nostri padri, ed altre informazioni alle quali per così a lungo avevamo aspirato.
Nella primavera del 2006, un’amica mi espresse il desiderio di fare un viaggio in Italia. Beh, di sicuro le risposi “sì”. Dato che il viaggio, in novembre, corrispondeva all’anniversario della morte di mio padre, sentivo nel cuore che dovevo visitare di nuovo Livergnano. Ancora una volta, ho incontrato tantissime persone che hanno fatto di tutto perché il mio viaggio fosse memorabile. Per esempio, ho saputo che mio padre è stato ucciso in una località nota come La Guarda, e a La Guarda ho avuto anche il privilegio di incontrare una signora meravigliosa che mi ha spiegato in prima persona le sue esperienze di giovane ragazza durante la guerra, nella stessa casa dove le aveva vissute nel 1944. Ho anche conosciuto Corso Boccia, che si è prodigato perché il mio viaggio andasse a buon fine. Ringrazio la gente d’Italia per la gratitudine che mi ha espresso nei confronti di mio padre e degli altri tanti giovani che hanno reso il supremo sacrifico per la libertà. Mi ricordo di quando, da bambina, guardando le molte foto di Roma inviate a casa per mia madre, sentivo che l’Italia sarebbe stata un luogo che mio padre avrebbe nuovamente visitato, se fosse rimasto vivo, e come figlia sono onorata di avere visitato l’Italia in vece sua. Nel cuore, sento che le circostanze mi porteranno di nuovo in Italia. Sono grata ai tanti che si sono fatti avanti per fare sì che il mio viaggio mi rendesse, con riguardo a mio padre, un senso di completezza personale. In particolare, mi sento partecipe dei lutti da voi subiti durante la guerra, e dell’assoluto terrore provato nel cercare di sopravvivere in un paese distrutto dalla guerra. Prego che i nostri figli non debbano mai affrontare un’esperienza come quella della guerra vissuta dai loro nonni. Unisco ancora delle foto del mio ultimo viaggio, e vi ringrazio in chiusura per avere reso possibile recuperare con queste visite una maggiore conoscenza di mio padre. In sua memoria,
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