BuiltWithNOF

Cefalonia

Titolo

Nota Storica

Addio Capitano Pampaloni….e grazie!

“L’URLO SILENTE DELLA DIVISIONE ACQUI “

 

NOTA STORICA

Il 28 ottobre 1940, Mussolini attaccò la Grecia con la convinzione che i greci non si sarebbero battuti, invece le truppe italiane furono costrette a ritirarsi in Albania e senza l'aiuto dell'alleato tedesco sarebbero state sopraffatte.

Il 30 aprile 1941, le prime truppe italiane occuparono l'isola di Cefalonia: un aereo da trasporto S.M. 82 lanciò una compagnia di paracadutisti che atterrò nell’entroterra della baia di Argostoli, capoluogo dell’isola.

Il 4 maggio 1941, avvenne lo sbarco delle truppe d'occupazione, trasportate dall’Incrociatore “Taranto”. Era la Divisione Acqui da cui dipendevano anche i reparti della Marina, un reparto di Carabinieri ed uno di Guardia di Finanza: in totale circa 12.000 uomini.

Le isole Ioniche, di cui Cefalonia è la maggiore, diventarono un protettorato italiano, o meglio, territori annessi all’Italia e sottoposte ad un governatorato civile.

Il 7 agosto 1943, poco dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), le truppe tedesche sbarcarono a Cefalonia e si stabilirono a Lixùri, nella penisola di Palikì.

Il 9 settembre 1943, cioè il giorno successivo all’annuncio dell'armistizio italiano con gli anglo-americani, il Comando tedesco chiese al Comando della Divisione Acqui la consegna delle armi nella piazza principale di Argostoli, promettendo l’evacuazione degli italiani dall’isola ed il rientro in Italia. Iniziarono le trattative tra i due Comandi, ma non si giunse ad alcun accordo.

Il 15 settembre iniziarono i combattimenti, che durarono una settimana, durante i quali caddero circa 1.300 militari italiani sopraffatti dalla forza aerea tedesca.

Il 22 settembre - esaurite le munizioni, interrotte le comunicazioni, annientati tutti i reparti - il Generale della Divisione Acqui si vide costretto a chiedere la resa al Comando tedesco che venne stipulata e concessa senza condizioni.
In violazione di tutte le convenzioni internazionali furono uccisi in esecuzioni di massa, dai militari della divisione Edelweiss della Wehrmacht, più di 5.300 italiani fatti prigionieri. Il Comando tedesco vietò di seppellire i cadaveri che venivano bruciati o fatti scomparire in mare.
Molti italiani riuscirono a salvarsi grazie all’aiuto offerto dalla popolazione di Cefalonia.
In seguito il Comando tedesco obbligò gli italiani sopravvissuti al massacro a scegliere se combattere insieme ai tedeschi, arruolarsi nelle Compagnie Lavoratori o finire nei campi di prigionia del Nord Europa. Molti scelsero di lasciare l'isola per i campi di prigionia, così altri 3.000 italiani morirono in mare, dentro le stive delle navi saltate sopra le mine mentre erano condotti ai luoghi di prigionia. Non si conosce il numero di prigionieri italiani appartenenti alla Divisione Acqui morti nei campi di prigionia del Nord Europa.

Nel settembre del 1944 i tedeschi lasciarono Cefalonia. I prigionieri italiani rimasti sull’isola, circa un migliaio, insieme a coloro che, dopo aver combattuto sui monti dell’Epiro con i partigiani greci erano tornati a Cefalonia, rientrarono in Italia con le armi e le bandiere. La Acqui fu l'unica divisione, operante all'estero, che ottenne questo riconoscimento dal Quartier Generale Alleato del Medio Oriente.

Dal 1948 il Governo Italiano affrontò il delicato problema di dare un'onorata e definitiva sepoltura ai Caduti italiani di Cefalonia. Il lavoro preparatorio fu lungo e complesso. Nel 1953 le spoglie recuperate furono trasportate in Italia, alcune riposano al Sacrario Nazionale dei Caduti d'Oltremare di Bari.

Nel 1978 fu eretto a Cefalonia il Monumento ai Caduti della Divisione Acqui.

Addio Capitano Pampaloni….e grazie!

Amos Pampaloni si è spento lo scorso Giugno 2006 e per tutti noi è la sensazione è, e deve essere, la gratitudine; da alcuni anni, infatti, Pampaloni iniziò a raccontare la sua esperienza di Guerra vissuta a Cefalonia e contribuì a fare luce su diversi e poco conosciuti episodi ma soprattutto ha aperto una finestra su un passato tanto cruento quanto vero.
Incontrai Pampaloni nella sua casa di Firenze in un Agosto 2003 dopo un viaggio sull’isola di Cefalonia; mi accolse con grande ospitalità nonostante fosse la prima volta che ci incontravamo. Restò molto stupito ma allo stesso tempo compiaciuto nel vedere un giovane che si interessava alle vicende di Cefalonia; ebbe un cenno di familiarità alle parole “mostra di Scarperia” in quanto ne aveva sentito parlare.
Ci sedemmo in salotto ed ebbi la sensazione di avere una parte di Storia davanti a me; estrassi i miei appunti dalla borsa ed iniziai a chiedere ad Amos Pampaloni alcune cose che mi ero prefissato. Ben presto mi accorsi che era più coinvolgente e trascinante dialogare senza tante domande anche perché ciò che lui diceva mi precedeva; per me che ero appena tornato dall’isola di Cefalonia ed avevo ancora la pelle scottata dal sole del campo dei pozzi ed il sapore del Robola in bocca, fu una emozione indescrivibile.

100_0092ComandotatticoProkopata

Comando tattico italiano di Prokopata - Isola di Cefalonia

Questa intervista è rimasta nel cassetto per 3 lunghi anni; a dire il vero altre giacciono in attesa. E’ purtroppo frutto della logica moderna che relega noi “storici” del Secondo Conflitto Mondiale al ruolo di appassionati e pertanto limitati nella divulgazione di un così importante argomento. Fu però una tacita promessa che avrei continuato questa opera e che avrei ricordato per sempre quelle parole.

Quando iniziammo a parlare, era mia prioritaria intenzione capire come scorresse la vita sull’isola, quale erano le azioni che coniugavano una così bella formazione calcarea dell’Egeo. Pampaloni mi descrisse un esercito provato, stanco, non motivato ad una guerra contro la Grecia. Era il 1943 ed i più avevano nostalgia di casa accentuata dal fatto che la popolazione manifestò grande amicizia con i nostri soldati tanto che la guarnigione sull’isola si guadagnò il soprannome di armata Sanapò ( Armata dell’Amore ). Quando giunse l’armistizio in un primo momento regnò l’euforia; sembrava che la guerra volgesse al termine ma già il 9 Settembre la situazione sembrò mutare in peggio. Il proclama era contrastante se paragonato all’ordine di consegnare le armi per il quale il Generale Gandin lo dichiarò apocrifo. Da lì in poi la storia di Cefalonia la potete leggere nei tanti testi; Pampaloni mi affermò con grande lucidità che i massacri furono una barbarie atroce ma in fin dei conti tutta la guerra era ingiusta; solamente coloro che si difendevano in patria potevano essere giustificati.

Un grave appunto Pampaloni lo rivolse al governo Badoglio che dal 25 Luglio all’8 Settembre non tutelò le truppe italiane impegnate in vari teatri di guerra; accuse di irresponsabilità le ebbe anche per gli anglo americani i quali assicurarono tramite Smith, la completa collaborazione ed appoggio nel far rientrare le truppe italiane come previsto dall’ottava clausola dell’Armistizio. Le poche navi che salparono in direzione dell’Egeo furono fatte rientrare dagli inglesi; anche l’aviazione, che doveva proteggere gli insorti contro i tedeschi, non appoggiò mai le truppe italiane a Cefalonia che poco potevano contro gli Stukas.

Il tono della voce si abbassò; l’anziano reduce descrisse con costante lucidità e precisione i giorni della battaglia. I particolari, i nomi, le strade erano così familiari che era molto facile collocare quello che Pampaloni descriveva….più che andava avanti e più si capiva la dimensione umana della tragedia. Quando fu catturato Amos e la sua batteria erano a Dilinata; i suoi serventi furono messi in fila per uno ed i reparti austriaci del Tirolo iniziarono a rubare quello che potevano ai soldati italiani sotto la minaccia delle armi. Poi la lucida descrizione dell’esecuzione di tutti i suoi ragazzi dopo la frase pronunciata dall’ufficiale tedesco “recitate un atto di dolore”. Il ricordo del colpo alla nuca e la salvezza dal sapore di miracolo. Le parole del Capitano erano molto misurate, dense. Difficilmente potremo immaginare cosa sia realmente accaduto o perlomeno cosa possano essi aver vissuto.
Poi una circostanziata narrativa degli avvenimenti, la resistenza sull’isola, il tentato passaggio nel vallone di S.Barbara per raggiungere Argostoli, il ricordo del Tenente Becattini e della sua batteria obici da 117

Sul termine del colloquio volli chiedere a Pampaloni cosa indossavano ed a questa domanda restò un po’ meravigliato per poi continuare a spiegarmi che le loro uniformi erano in panno grigio verde e che spesso restavano in maniche di camicia di cotone; con loro l’inconfondibile cappello da alpini. Altri dettagli e poi ci salutammo; prima di andarmene mi chiese di Cefalonia, un po’ come si chiede di un parente…. Era logico che egli aveva lasciato parte di sé sull’isola. Eravamo un po’ complici; l’avevo portato indietro ed egli ne era soddisfatto; aveva ancora una volta contribuito a non chiudere il forziere della Storia…. La Memoria germogliava. Ad un tratto si alzò e cercò qualcosa…. Tirò fuori un libro “I sommersi di Cefalonia”, lo aprì, arrivò alla prima pagina bianca e scrisse: “All’amico Filippo Spadi con sincera ammirazione per il suo impegno nel diffondere la conoscenza degli orrori della guerra e la cultura della PACE – Amos Pampaloni “.

Conservo questo libro come una delle cose più preziose che ho; grazie Capitano Pampaloni…. Il seme della Memoria è già cresciuto in noi.

Filippo Spadi - Luglio 2006

“L’URLO SILENTE DELLA DIVISIONE ACQUI “

Cefalonia- Luglio 2003
Articolo e foto di FilippoSpadi

L’aereo, un italianissimo ATR, fece un sobbalzo sulla ruota destra, poi atterrò e fece rombare i motori fino a spegnerli. Per chi crede che Cefalonia sia un’isola dimenticata anche dal turismo si sbaglia. Un aeroporto di recente costruzione e dotato di tutti i più moderni sistemi di accoglienza, ci attendeva nel caldo tramonto. L’aria era già diversa, un profumo nuovo, un vento caldo.
cefalonia100_0069

L’isola ci era apparsa dal nulla nel mare, ci aveva fatto vedere quello che è e cioè una vasta formazione calcarea ricoperta da bassa vegetazione ma in prevalenza rocciosa con vaste zone montuose. Qua e là scure zone di terra rossastra fanno da cornice ai colori di questa tavolozza; il blu del mare, il verde, il rosso e la roccia biancastra. Ti stupiscono, mentre attraversi le stradine dell’isola, le gigantesche piante di olivo, grandi come querce, secolari ed immutate; sapienti mani hanno creato muretti, cancelli, hanno lavorato la terra così da fare dell’oliveta un quadro costante in tutta l’isola.

Il sole è potente, diretto, riesci a sentirne la mano pesante sulla testa eppure, all’ombra tutto cambia; la scarsa umidità rende tutto più piacevole.

I Cefalioti sono socievoli e cordiali, un po’ perché sei turista, un po’ per loro indole; ristoranti e taverne sono numerosi, invitanti. Ti senti un po’ come a casa, nell’osteria del paese e mentre sorseggi il vino bianco dell’isola, il Robola, ti vedi portare una moltitudine di piatti locali e greci in genere. L’isola è caratterizzata da alte scogliere, non molte spiagge la circondano; non era comunque per queste ultime che avevo fatto il viaggio ma per saperne di più su quanto accadde nel 1943 ai soldati della Divisione Acqui. In mezzo ad un’edilizia sfrenata, fatta di piccole case di mare realizzate con gusto, troneggia Argostoli, principale città dell’isola. Argostoli si trova nell’ombellico dell’isola, in un punto equidistante da tutte le zone della vicenda. Argostoli oggi è una moderna città di mare con un litorale cittadino ricolmo di taverne e ristoranti, una passeggiata pedonale coinvolgente, tantissimi negozi colorati. Gli italiani sembrano ben accetti, la gente sembra non ricordare che eravamo invasori; taluni pensano che il tempo abbia cancellato gran parte dei ricordi di quel tempo ma io non sono dello stesso parere altrimenti non spiegherei il rinnovo di certi sentimenti quando turisti germanici si aggirano fra le memorie tristi dell’isola. Proprio sulla via pedonale del Litostroto si trova la Chiesa Cattolica, una piccola chiesa che intenerisce l’animo nelle ore della sera, lasciata aperta ai passanti. Padre Severino, un simpatico ed energico apostolo del Signore, è interessatissimo alla vicenda dell’eccidio, tanto da concedere all’Associazione Mediterraneo, di tenere aperta una piccola mostra museo dei cimeli quali testimonianza tangibile della storica vicenda. Un percorso didattico guida i visitatori ad una migliore e razionale comprensione della complessa vicenda dell’Eccidio di Cefalonia, così barbara, così immensa da non poter fare a meno di andare fino in fondo per capire quanto possa diventare cattivo l’animo umano.

Gli amici del museo si rendono disponibili ad accompagnarci sui luoghi della memoria e di raccontarci quei dettagli e quei particolari che contribuiscono a togliere quell’alone di ufficiale e di retorico che, come spesso accade, la mente ed il tempo attribuiscono a certi eventi.

cefalonia_mostra 1

Così, nel giro di alcuni giorni, Padre Severino e la Sig.ra De Paula, ci accompagnano nei luoghi dei misfatti, trasformano i nomi trovati sui libri in case diroccate, pagine di racconto di autorevoli storici in campi coltivati; i giorni si susseguono veloci ed ogni giorno che trascorri nella memoria, ti senti un po’ più italiano. Mangi alla taverna greca sul porto e non puoi fare a meno di paragonare ciò che stai vivendo con ciò che gli altri hanno vissuto nel 1943; a poco a poco tutto si fa più chiaro, più organico e quanto hai letto lega a doppio filo l’immagine fotografata nei tuoi occhi. Procopata, Troianata, Keramies, la casetta rossa e così via diventano lo sfondo delle storie personali che hai letto e che tanto ti sono rimaste nel cuore, la fucilazione degli ufficiali, i tanti soldati trucidati, la batteria di Pampaloni, la devastante ed infame fucilazione di Troianata che al solo pensiero mi rende triste. Poter capire come si possono ammazzare 600 persone come cani e poi finire i superstiti con l’inganno è cosa ben difficile; io ho visto il campo dei pozzi, ho visto le viscere della terra dove i corpi furono ammassati, gettati come spazzatura ma anche come un carico di vergogna insopportabile tanto che ad oggi non vi è ancora chiarezza. La mente vola su Cefalonia, gli occhi rivedono Cefalonia nelle foto d’epoca e sui sentieri della memoria, gli orecchi odono gli spari delle armi tedesche, i tonfi dei corpi gettati dalle scogliere, il naso sente il timo mischiarsi all’odore nauseabondo dei morti insepolti mischiati nella terra rossastra fra loro. La Divisione Acqui venne annientata e il suo urlo silente ci racconta ancora tante cose; imparatele gente, non lasciate che vengano pressate nei libri di storia, non associatele alla retorica ed alla noia, imparatele ed insegnatele. Solo comprendendo gli orrori della guerra si può costruire una cultura della pace.

cefalonia_mostra 2

Museo dell'Eccidio di Cefalonia presso Argostoli

 

[Welcome - Benvenuti] [La Storia] [Eventi] [Personaggi] [Cronologia] [Veterani] [Ritrovamenti] [8th e 56th Evac Hospital] [Reparti Combattenti] [Cefalonia] [Contact Us] [Iscrizione - Membership] [Chi siamo] [Links] [FAQ] [Legal]